mercoledì 18 gennaio 2017

"Soft Brexit" o "hard Brexit"? Il discorso della premier britannica Theresa May ai conservatori pare propendere per la seconda.


(libera traduzione; fonte: The Economist)

Theresa May, il primo ministro della Gran Bretagna, ha promesso alla conferenza del partito conservatore di questa settimana che avrebbe invocare l'articolo 50 del trattato dell'Unione europea, l'unica via legale per lasciare l'UE, entro la fine di marzo 2017. Ha anche detto che, dopo la Brexit, voleva un accordo che desse alle società inglesi la massima libertà di commerciare ed operare nel mercato unico dell'UE. Ma allo stesso tempo, ha insistito sul fatto che, dopo la Brexit la Gran Bretagna sarebbe ridiventato un paese totalmente sovrano, pienamente indipendente in grado di prendere le proprie decisioni su questioni che vanno da come etichettare il suo cibo fino alla scelta di come controllare l'immigrazione. Ha detto altresì che la Gran Bretagna non poteva lasciare l'UE per poi trovarsi ancora soggetta alla Corte di giustizia europea.

Il problema è che questi obiettivi sembrano essere tra loro incompatibili . Se la Gran Bretagna vuole beneficiare pienamente del mercato unico, che elimina tutte le barriere tariffarie e la maggior parte di quelle non-tariffarie, nonché i controlli doganali, dovrà rispettare la maggior parte delle leggi europee, tra cui quella sulla libera circolazione di persone provenienti da altri paesi dell'UE e una gran parte delle norme del mercato unico, che sono in ultima analisi applicate dalla Corte Europea. Questo è ciò che paesi come la Norvegia e la Svizzera, che sono al di fuori dell'UE, ma in gran parte all'interno del mercato unico, si trovano a fronteggiare; contribuiscono anche al bilancio dell'Unione Europea. Fu la Gran Bretagna a scegliere un percorso simile, che se applicato oggi equivarrebbe a una "soft Brexit" che manterrebbe molti vantaggi per i membri della UE ma al prezzo di alcuni vincoli significativi sulla propria libertà di una politica indipendente.

L'alternativa "hard Brexit" metterebbe la Gran Bretagna in una posizione più simile a paesi terzi, come l'America. Gli americani non sono soggetti alla libera circolazione delle persone provenienti da altri paesi dell'UE o di tutte le norme del mercato unico dell'UE, né devono contribuire alsuo bilancio. Ma questo significa  altresì che non sono parte del mercato unico, che rende le loro esportazioni in esso soggetta ad entrambe le barriere tariffarie e non tariffarie. Dato che l'UE rappresenta il 44% delle esportazioni della Gran Bretagna, comprese le sue cruciali ed importanti esportazioni di servizi finanziari, tali barriere aumenterebbero notevolmente i costi che la Brexit comporterà per l'economia britannica.

I fautori della Brexit dicono che sono alla ricerca di un compromesso vantaggioso che potrebbe consentire alla Gran Bretagna di mantenere il libero accesso al mercato unico, ed allo stesso tempo controllare i propri confini, le proprie leggi e la propria moneta. Ma gli altri 27 paesi hanno già detto di non essere d'accordo su questo. Essi insistono sul fatto che alla Gran Bretagna non può essere consentito di avere tutti i vantaggi del mercato unico senza accettare tutti gli altri suoi obblighi, anche perché se così fosse, alcuni altri paesi dell'UE potrebbero tentare di seguire l'esempio britannico. Alla fine la Gran Bretagna sarà costretta a fare la scelta: tra controlli più severi sull'immigrazione ed una piena sovranità senza ostacoli che accompagnerebbero una "hard Brexit", ed i vantaggi economici del mercato interno che sarebbero mantenuti con una "soft Bexit". Non è ancora chiaro in che modo Theresa May alla fine esordirà con la UE, ma il suo discorso alla conferenza dei conservatori è sembrato alla maggior parte degli osservatori fosse orientato verso una "hard Brexit".


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